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Il Sistema di abbattimento polveri di WLP

Il sistema di abbattimento polveri proposto da WLP ha lo scopo di risolvere nel modo più efficiente il problema di abbattimento delle polveri volatili in tutti gli ambiti quali ambienti nei quali si svolgano attività di macinazione pietrame, demolizione di edifici in aree urbane e non e in generale in tutti gli ambienti dove sia necessario contenere l’emissione di pulviscolo in atmosfera.
 
Il sistema di abbattimento polveri proposto da WLP si basa sul principio di creare una zona climatologicamente controllata con il fine di portare a terra le polveri prettamente a base silicea o comunque di origine rocciosa, creando nel contempo uno strato umido, ma senza l’instaurarsi del ruscellamento, che impedisca a queste ultime di risollevarsi durante il passaggio dei mezzi pesanti. 
 
L’indubbio vantaggio di un sistema di abbattimento polveri così concepito è duplice, interessando l’aspetto primario della salvaguardia della salute delle maestranze impegnate nelle lavorazioni e degli utenti dell’area, ma anche quello di salvaguardare l’efficienza meccanica dei mezzi di cantiere, riducendo in maniera drastica i fermi macchina per pulizia filtri aria in primis e avarie agli organi di trasmissione in secundis, spesso soggetti ad usure anomale a causa dell’accumulo di materiale particolato in zone meccanicamente delicate come giunti omocinetici e cuscinetti a sfera, nonché steli idraulici. L’idea progettuale di WLP nasce dall’osservazione di due distinti fenomeni. Il primo è che normalmente in cantiere si utilizzano sistemi di riduzione delle polveri piuttosto rudimentali (spargimento di acqua in fase liquida) per inumidire il terreno, ottenendo solo per limitati periodi gli effetti desiderati, con comunque una bassissima efficienza (rapporto acqua utilizzata e superficie assai elevato) e con la formazione di pozze di fango di difficile eliminazione in alcune aree del cantiere. Il secondo è che la natura, normalmente assai più efficiente delle soluzioni umane, gestisce l’abbattimento delle poveri inglobando all’interno delle particelle di pioggia il pulviscolo attraverso due meccanismi: il primo è quello di chiudere all’interno della goccia di pioggia la particella, il secondo è legato al fatto che l’acqua dal punto di vista molecolare può essere considerato come un dipolo elettrico che attira verso di se le particelle più fine di polvere silicea, comportandosi come un filtro elettrostatico vero e proprio. Dall’osservazione pratica e fisica risulta quindi assai più efficiente un filtro elettrostatico-idraulico di una pulizia effettuata con gocce d’acqua di dimensioni considerevoli.
 
Bisogna fare poi un’altra considerazione di natura fisica.
 
Le molecole d’acqua allo stato libero sono assai instabili e per avere un livello energetico basso (condizione verso la quale tendono tutti i fenomeni naturali) si ricombinano in gocce più grandi dopo però aver inglobato al proprio interno la particella di polvere. Tale osservazione è facilmente riscontrabile in natura in diversi fenomeni. Nelle zone più inquinate normalmente piove di più o più improvvisamente rispetto a quelle meno inquinate, proprio perché l’azione delle particelle d’acqua sospese in aria sotto forma di vapor acqueo utilizzano come base fisica per l’agglomerazione il pulviscolo sospeso ricombinandosi in gocce sempre più grandi. Tale fenomeno, definito anche come nucleazione eterogenea, è l’effetto di coalescenza di piccolissime gocce d’acqua, non sufficientemente pesanti da vincere l’attrito atmosferico per iniziare il percorso di caduta che le porta al suolo. La particella solida di materiale siliceo o altro, solubile o insolubile, funge da nucleo di condensazione attorno al quale le piccole gocce d’acqua di accumulano fino a raggiungere una massa tale da farle precipitare, trasportando così al suolo anche la particella estranea. Un esempio è quello delle piogge rosse ricche di sabbie desertiche. Il sistema risulta in natura assai efficiente. In natura la rimozione di polveri dall’atmosfera avviene essenzialmente in due modi: per deposizione secca e per deposizione umida. La deposizione secca (dry deposition) consiste nell’intercettazione diretta delle particelle da parte di ostacoli posti lungo le linee di corrente; i due meccanismi principali sono la deposizione per gravità e la deposizione per impatto. Nel primo caso si tratta di un fenomeno che interessa principalmente le particelle con diametro superio ai 10 µm, risultando trascurabile per particelle più piccole. Il secondo meccanismo è legato al passaggio dell’aria carica di particelle solide attraverso una barriera (superficie vegetata o ricca di ostacoli). 
Se l’inerzia delle particelle è sufficientemente grande per non permettere alle stesse di seguire la variazione di direzione delle linee di flusso che incontrano un ostacolo si osserva la variazione di traiettoria secondo piccoli raggi di curvatura, con deposizione al suolo delle particelle. La presenza di acqua aumenta decisamente l’efficienza dei processi di deposizione (wet deposition). I meccanismi che coinvolgono l’acqua possono interessarne le diverse fasi, dalla fase vapore a quella liquida o solida.
 
È interessante osservare ciò che avviene in natura all’interno e all’esterno della nuvola che scarica pioggia al suolo:
 
  • Rainout: Le particelle fungono da nucleo di condensazione per le goccioline della nube. Alcune di queste gocce aumentano di dimensioni fino a cadere (sedimentazione per gravità) alla superficie sotto forma di gocce di pioggia. Le particelle (nuclei di condensazione) così depositate sono dilavate dall’atmosfera.
  • Washout: È la rimozione delle particelle da parte delle gocce di pioggia formatesi in precedenza. Le particelle vengono inglobate in una goccia già esistente; la differenza con il rainout sta proprio nel fatto che in questo caso si è già formata una goccia di dimensioni sufficienti per cadere.
  • Sweep out: Le particelle collocate sotto la nube possono impattare in una goccia che cade e sono depositate al suolo con la goccia stessa. Questo è probabilmente il meccanismo di deposizione umida meno efficiente. Perché, infatti, gli insetti non vengono dilavati dall’atmosfera quando piove? Si osserva che la rimozione di polveri secondo i tradizionali sistemi di innaffiamento e spruzzamento avviene proprio sulla base di questo meccanismo, che anche in natura risulta essere il meno efficiente per dilavare dall’aria le particelle solide.
  • Occult deposition: Fa riferimento alla deposizione associata con le nubi che sono in contatto col terreno, come per esempio la nebbia o le nubi orografiche. È un concetto più complicato degli altri tre. L’efficienza d’impatto è la probabilità che una particella impatti in una superficie che intercetta un flusso, anziché essere deviate attorno all’oggetto. È fortemente dipendente dalla forma, con gli aerosol più grandi che presentano una maggiore probabilità di impatto su una superficie rispetto a particelle più piccole.
 
L’efficienza di impatto delle goccioline d’acqua è maggiore di quella degli aerosol nei confronti dei quali agiscono da nuclei. Questo aumenta la probabilità per gli aerosol inglobati nelle gocce. L’efficienza d’“incollaggio” è la probabilità che un oggetto che ha impattato contro una superficie non rimbalzi e non sia immediatamente risospeso. L’efficienza di “incollaggio” delle gocce delle nuvole è maggiore di quella degli aerosol. Quindi, le nubi che vengono a contatto con il suolo possono dare luogo ad un migliore tasso di deposizione per i piccoli aerosol. 
L’impresa sta nel copiare ed ottimizzare il fenomeno naturale. Il principio di immettere acqua in atmosfera sotto forma di gocce potrebbe risultare la soluzione ideale. Basterebbe infatti attraverso delle semplici lance da irrigazione irrorare la zona da trattare. Ci si renderebbe però presto conto che:
  • si avrebbe un utilizzo massiccio di quantità d’acqua rendendo in breve tempo il cantiere una zona piena di fango e causando anche notevoli disturbi alle maestranze impegnate e alla movimentazione dei mezzi;
  • il rapporto acqua/superficie trattata sarebbe elevatissimo con risultati scarsi e poco duraturi nel tempo;
  • il sistema non avrebbe quegli effetti di filtro elettro-idraulico sopra indicato;
  • si baserebbe il trattamento dell’aria sul sistema di intercettamento di particele meno efficiente.
Lo scopo è quindi quello di creare un filtro efficiente e che duri il più a lungo possibile. Il primo punto è quello di ottenere gocce d’acqua di dimensioni opportune, anzi per meglio dire di ridurre l’acqua ad uno stato praticamente di vapor sospeso; con le opportune dimensioni degli ugelli si raggiungono dimensioni delle gocce anche inferiori a 80 µm (la nebbia in natura è costituita da goccioline di diametro compreso fra 10 e 50 µm, la pioggia ha dimensioni superiori a 1 mm, fino a 7 mm nel caso di gocce molto grosse) per massimizzare l’effetto dei fenomeni di rainout e di washout, essendo, come esposto precedentemente, i più efficaci nella capacità di rimozione del particolato dall’atmosfera. La seconda è quella di creare una zona climatologicamente controllata e che abbia in sospensione l’acqua nella forma sopra descritta, che catturi le polveri e le riporti al suolo senza creare pozze di fango estese e di prolungare l’effetto per alcune decine di minuti anche dopo l’avvenuto spegnimento del sistema, con immediato effetto sulla riduzione dei consumi energetici e idrici. La presenza di tali piccole gocce nell’area si traduce inoltre in un migliore comfort per le maestranze nel caso in cui le temperature esterne siano particolarmente alte. Tale sistema è facilmente ottenibile creando un cannone che chiameremo "a nebbia" capace di nebulizzare l’acqua e di trasferire l’acqua ad una notevole distanza dal punto di emissione.
 
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